Come Un Sogno - Iris ☆ (Concetta Lombardo)

"Iris e Irene son sedute sempre lì, in quell'angolo di pub, a scambiar due parole di libertà, davanti a quel bicchiere, mentre un uomo nascosto alza di più le proprie bandiere, e vorrebbero anche loro cercarlo."
☆ Frammenti di viaggio

"... era qualcosa di più. Lo era. E ci piacevano i minimi, cavolo se ci piacevano. E ci bastava poco, una chitarra, una scala, una strada."
☆ ... qualcosa di più

"La "cosa" è trasformazione, percorso, crescita insieme... E' un patto di sangue stipulato tra due persone e forse, prima ancora, dal destino. "La cosa"?...è l'amore. No, è un'altra qualità dell'amore. Una qualità che non rimpiange gli attimi perché diventa la vita. Non so se avrò mai la fortuna di farlo, questo patto di sangue."
☆ Una lunga storia d'Amore

"Io e te... E' vero il sole, il sole c'è... E' vero il cielo, il cielo c'è... Il sole è in cielo e io con te, non c'è Giulietta senza te Romeo..."
☆ Amor, ch'a nullo amato amar perdona

"Questo amore che faceva paura agli altri e li faceva parlare e impallidire... Questo amore tenuto d'occhio Perché noi lo tenevamo d'occhio, braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato, perché noi l'abbiamo braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato... Questo amore tutt'intero, così vivo ancora e baciato dal sole... E' il tuo amore... E' il mio amore E' quel che è stato... Questa cosa sempre nuova che non è mai cambiata"
☆ Fragili carezze di cristallo

"Avete mai avuto una donna che vi guarda così? È un lusso che non tutti si possono permettere. Pagherei qualsiasi cosa."
☆ Ed avevamo gli occhi troppo belli

" ...i sentimenti, se davvero sono veri, vanno vissuti nel presente, perchè la realtà non è un film, è ben diversa. E purtroppo, o per fortuna, nessuno può prevedere davvero cosa accadrà domani. Se non ora, quando? Vivi il qui ed ora, e fai che diventi il tuo futuro."
☆ Le pagine della nostra vita

" ...io mi riprendo la mia vita, esco da un mondo vuoto, freddo e pieno solo di bugie, falsità, incertezze e paura di vivere."
☆ Yesterday

"Ed ecco che ti blocchi a quei rapporti che all'apparenza sembrano così belli, ma che in realtà sono fumo. Sono come una sigaretta, per quanto tu possa assaporarli, prima o poi svaniscono. Il filtrino va buttato. Non è come fumare una pipa. Il tabacco son le varie avventure, che man mano passano, ma l'odore e il ricordo resta sempre. E la pipa in sè è il rapporto, che non sparirà mai, o meglio, sparirà solo se lo vuoi."
☆ There's an orchestra in me...

"Non chiedere alla pioggia di non cadere, ad un fiume di non scorrere, al fuoco di non bruciare. Non chiedere ad un bambino di non piangere, ad un fiore di non appassire, al tempo di fermarsi."
☆ Pensieri in Poesia

"Se fossi stata Alice,sarei rimasta in quel mondo delle meraviglie. Lì tutto è rappresentato come la nostra testa vuole. Lì c'è tutto quello che vorremmo. Tutta l'assurdità dei nostri pensieri.Lì ci sono persone che son matte si, ma son VERE"
☆ Se fossi stata Alice...

"Qualcosa dentro me, vorrebbe sul serio che l'amore diventasse infinito mentre mi perderei in un tuo abbraccio."
☆ E se...

"Vorrei urlarlo al mondo intero di finirla. Finirla con tutta la falsità che ormai sta avvolgendo l'animo umano."
☆ Riflessioni su questa desolazione

mercoledì 15 febbraio 2012

Leo Gullotta - La cultura è vivere

Dal “Più si è passivi, meno si pensa” alla “Catania, città ca pasta chi brocculi affugati”, quattro chiacchiere al tavolo con Leo Gullotta, ospite alla Feltrinelli di Catania il 13 Febbraio 2012, per presentare lo spettacolo che sta portando in tutti i teatri italiani, “Le allegre comare di Windsor” opera di William Shakespeare.
L’attore catanese, con la sua solita ironia e simpatia, ci parla dell’opera facendo notare i vari aspetti in comune con l’attuale situazione italiana. Dopo una serie di domande dal pubblico, per la maggior parte gente che si ricordava di lui da giovane, Leo si siede al tavolo insieme a noi, rispondendo ad alcune domande.

«Com’è l’esperienza di recitare in un opera “brillante” di William Shakespeare nei teatri italiani?»

R: «Com’è per chi fa il proprio lavoro. Brillante o non brillante l’importante è offrirlo al meglio, o almeno fai di tutto per avere un buon risultato col pubblico. Del lavoro quello che conta è il come lo fai, come lo offri, come lo scegli. Come scegli di essere onesto con lo spettacolo agli spettatori.»

«Com’è tornare nei teatri siciliani con la consapevolezza di esser visto con occhi diversi dai propri conterranei?»

R: «Ritorno qua perché c’è un teatro che va preso. Certo, c’è anche la stima, ma nella vita vale tutto quello che si è riuscito a dare dal punto di vista di onestà. Mi ritrovo che magari c’è una stima alla persona, l’interprete, alla persona che si è sempre offerta, non ha mai preso in giro il pubblico. A Catania poi ritorni e ovviamente, tralasciando il lavoro che continui a fare in tutta l’Italia, ci sono i “broccoli affugati”, la parmigiana, la pasta col sugo e le melanzane. »

«Preferisce recitare in dialetto oppure in italiano?»

R: «E’ come dire ad un medico “Preferisce curare un raffreddore oppure fare un’operazione al cuore?”. Tutte e due le cose vanno fatte nella mia professione. Il giuramento di Ippocrate dei medici è quello di essere pronto a curare e ad essere utile a chi sta male, il mio compito è quello di cercare di essere il più vicino a quello che il testo richiede nell’interpretazione di quel personaggio. »

«Si è ispirato durante la sua carriera a qualche attore? »

R: «No. Apprezzo tanti interpreti, ma non mi ispiro a nessuno. »

«Ha parlato durante la presentazione del Governo che non aiuta i giovani, ad esempio con i tagli alle università. Cosa consiglia di fare ai giovani per non perdere i propri sogni e il proprio futuro a causa di chi crede di essere più “forte”? »

R: «Intanto c’è da dire che l’ex Governo non ha mai fatto nulla se non affari personali. Se avesse fatto una cosa di quella che in due mesi ha fatto il Governo tecnico di Monti, qualcuna discutibile, non avremmo avuto nulla di tutto quello che stiamo attraversando. Sono stati dei cialtroni, per essere con un linguaggio elegante. Riguardo ai giovani, oggi come oggi tutte le categorie, giovane o non giovane, ci hanno fatto arrivare fino a questo punto dicendoci che tutto era apposto, non hanno mai fatto nulla, le cose sono quelle che sono e dobbiamo affidarci all’idraulico, visto che “rumperu u tubu”, l’idraulico sa fare l’idraulico e dobbiamo fare sacrifici tutti. Questa è la realtà del Paese, tutti dobbiamo fare sacrifici, tutti insieme stringendo i denti, cercando di adoperarci. Sicuramente l’avvento di questi due ultimi mesi anziché corna, bunga bunga, toccate di culo e quant’altro, l’istituzione, grazie al Governo Monti che si è presentato con garbo, si è riappropriata dell’eleganza, della parola, dell’istruzione, della Costituzione, e questo è importante.»

«Lei ha parlato di cultura per i giovani anche. Cos’è per lei la cultura? »

R: «La cultura è vivere, l’arancino e anche il piatto nobile. La cultura è leggere Topolino. La cultura è guardare, vedere, arricchirsi. »

«Ci sono molti giovani che però non fanno nulla per difendere il proprio diritto alla cultura, che ne pensa? »

R: «Ho parlato anche prima di un paese antropologizzato, che è molto grave poiché il danno è antropologico. Quindi le ultime generazioni sono state annullate, annientate, schiaffeggiati scolasticamente e a livello universitario. Hanno tolto delle cose importanti e quindi prima che si ricostruisca il valore di tante cose, occorreranno parecchi e parecchi anni, ammesso che tutto vada per il meglio.

I giovani si devono incazzare, se non si incazzano non succede niente. Bisogna cercare di capire, andare oltre, c’è la rete, bisogna guardare le notizie, leggere, partecipare, cercare di prendere coscienza di molte cose. Significa rispettare se stessi.

Studiare significa anche capire i diritti dell’uomo, dell’individuo, della persona, del lavoratore. Un Paese democratico è fatto di diritti. Se poi i giovani fanno finta, con frasi anche scolastiche come “Io devo studiare soltanto, non perdete tempo con altro”, la verità è che non “studiano”. »

«Perché in Italia non c’è un avanzamento culturale come invece accade in molti Paesi europei? »

R: «Perché la politica si è infilata dappertutto. Vuole soltanto prendere denaro, trovare scuse, non ha costruito, non vuole costruire. Parlo sempre degli ultimi 15 anni, il cavaliere, le corna. Ovviamente anche gli studenti devono muoversi, non esiste solo la stanza con internet e cliccare

Articolo pubblicato il 15 Febbraio 2012 su Liveunict.

Eugenio Bennato: Questione Meridionale

Questione meridionale. E’ questo il titolo del nuovo album del cantautore napoletano Eugenio Bennato, che ha presentato il suo ultimo disco alla libreria “Feltrinelli” di Catania. Durante questo tour nelle librerie di tutta Italia, Eugenio racconta le storie dei Briganti del Sud. Ad accompagnarlo in questo viaggio la corista Sonia Totaro e il chitarrista Vincenzo Lambiase. Al loro arrivo, con qualche minuto di ritardo a causa di piccoli inconvenienti, applauso generale da parte del “pubblico”. L’evento inizia con un’introduzione di Eugenio riguardo il suo album, in particolare i racconti di un Sud forte e con tanta voglia di vivere. E subito dopo, una dopo l’altra vengono presentate diverse canzoni, ed ognuna di esse racconta una storia ben precisa. Poco prima della sua esibizione, Eugenio si ferma a parlare con me, rispondendo ad alcune domande.



D: «Da dove è nata l’idea dell’album?»
R: «Da molte sere passate con un pubblico entusiasta.»

D: «Ha citato in una sua canzone Fabrizio De Andrè. Quale rapporto lo legava al cantautore genovese?»
R: «Ho riscontrato che un certo tipo di pubblico ascolta Fabrizio e sa tutto di Fabrizio. Io ho conosciuto Fabrizio passando tante serate insieme. E mi fa piacere riconoscere che un artista ligure sia al centro dell’attenzione di un pubblico che ascolta soprattutto musica del Sud. Poi l’ho citato anche a proposito dello schieramento. Fabrizio era dalla parte degli indiani d’America, io dalla parte dei briganti.»

D: «In “Autobiografia Industriale”, Claudio Lolli aditava le case discografiche come principali responsabili del decesso ideologico della società, e parliamo della fine degli anni ’70. Ora, nel 2012, si nota che anche le televisioni si possono considerare tra questi “colpevoli”. Che ne pensa?»
R: «Sicuramente i mass-media sono in ritardo, non si accorgono di quello che sta succedendo davanti ai loro occhi. Ma io potrei citare come responsabili i critici musicali. Come critico musicale mi viene in mente quello di Repubblica. I critici musicali passano la loro carriera a lasciarsi sfuggire le occasioni e non mettere in evidenza quello che sta accadendo in Italia. Noi per fortuna, mentre loro si lamentavano invece, abbiamo un riscontro diretto col pubblico.»

D: «Crede che la musica può aprire la mente dei giovani di oggi?»
R: «Sicuramente la musica contribuisce alla comunicazione. Ti faccio un esempio, a me la musica ha portato ad incontrarmi e a scoprire l’importanza delle nuove generazioni di migranti qui in Italia. Vi è una comunicazione diretta che supera i pregiudizi.»

D: «Quali sono gli artisti che ascoltava da giovane e lo hanno ispirato nel corso della sua carriera?»
R: «Gli anonimi maestri del Sud. Potrei citare Matteo Salvatore, un grande cantautore pugliese. Potrei citare Antonio Infantino, un poeta musicista della Basilicata. Poi, i grandi artisti della musica brasiliana, come il maestro João Gilberto

Articolo pubblicato il 2 Febbraio 2012 su Liveunict.

Marky Ramone: il punk non è morto!

«Le canzoni dei Ramones sono troppo belle per non essere più suonate!». Ed è così che tra un sorriso e un sorso di caffè, Marky Ramone racconta di sé e del proprio gruppo. Sono le sette di un sabato sera che si preannuncia indimenticabile. Non capita mica tutti i giorni di ritrovarsi a parlare con un batterista che ha fatto la storia del punk. Il Faro - locale di riferimento per gli “alternativi” di Catania -per l’occasione è in versione stelle e strisce.

Incontriamo Marky in una stanza illuminata da alcuni riflettori così “abbaglianti” da fargli esclamare: «Where are my glasses?!».

L’emozione tra noi giornalisti è tanta. Ci scambiamo degli sguardi per decidere chi deve fare la prima domanda. Il presentimento è che se non ci decidiamo entro pochi secondi, Marky si alzerà dicendo “Hey, oh … Let’s go!”. E così cominciamo noi, chiedendogli che effetto fa portare avanti il nome della band. Marky sorseggia un altro po’ il suo caffè. Sorride e risponde che sarebbe un peccato non poter più riascoltare canzoni come “Blitzkrieg Bop”, “Do You Wanna Dance”e “I Wanna Be Sedated”.
« Io non sono i Ramones,» continua Marky «sono una parte di loro.» e dicendo così nomina gruppi come Queen e Misfits che continuano a farsi chiamare col nome della band nonostante manchi qualcuno ormai.
Il discorso cade poi sul periodo che va dal 1983 al 1987, quando fu cacciato dal gruppo per problemi legati all’alcool. Marky ricorda bene quel periodo, 4 anni che gli son stati utili per riflettere. Batteria o alcool? Scelta che gli costò diversi sacrifici, ma che ebbe esito positivo. E’ qui che vediamo il lato più sensibile di Marky. La tristezza che avvertiamo nelle sue parole è legata al fatto che due dei suoi “compagni di viaggio”, Dee Dee e Joey, non sono riusciti a compiere la loro scelta: separarsi dalla droga.
E sorge spontanea la domanda su cosa lo spinge ad andare avanti senza la sua vera band. Non vi è alcuna esitazione nelle parole di Marky: «Mi piacciono i live! Finchè il fisico regge, voglio continuare a suonare insieme ai fan. Ora più che mai la gente vuole musica dal vivo. I samples hanno stancato da troppo tempo».
E anche questa domanda si tinge di una sfumatura malinconica rivolta a John e Joey. Loro avevano smesso la carriera musicale proprio perché il fisico non glielo permetteva più.
Ormai, siamo a nostro agio. Parlare con lui è piacevole, non è la classica star che “se la tira”. Ci spiega che la musica ha bisogno di passione. «La musica va fatta prima di tutto con il cuore, e non per i soldi. Il punk sta facendo il suo ritorno sulle scene perché da sempre è stato uno dei pochi generi musicali in grado di lanciare “grida di protesta e libertà”». Domandiamo allora quali band secondo lui sono state influenzate dai Ramones. Marky cita i The Clash, i Rancid, Sid Vicious dei Sex Pistols e I Green Day. E questa cosa lo lascia contento.
Ma quali sono state le influenze su Marky Ramone? Ringo Star. E così il nostro caro batterista ci racconta di un suo ricordo da bambino, quando la madre gli ha fatto vedere in tv il batterista dei Beatles. E’ da allora che iniziò tutto. I suoi gusti musicali però non si fermano solo al rock. «Non ascolto solo musica in 4/4, ma anche jazz». Ma un buon batterista non si giudica certo solo da quello che dice. Dopo questa “chiacchierata” con Marky ci “accomodiamo” tra il pubblico pronti per sentirlo suonare. E’ quasi mezzanotte ormai: Marky fa un ingresso da vera rockstar. Insieme ad Andrea Rock, il famoso speaker di Virgin Radio, Rocco ‘n Rollo e Stefano Russo “Andead, comincia finalmente il live. Sotto il palco, è subito putiferio. E’ proprio vero: Punk Is Not Dead.

Articolo pubblicato il 20 Dicembre 2011 su Liveunict.