Nell’ultimo periodo sull’argomento “Muos” e “No Muos” si spendono sempre più parole. Gli scandali che giorno dopo giorno accadono a Niscemi iniziano a venire a galla più facilmente, come l’atroce carica subita dalle “Mamme No Muos” da parte delle Forze dell’Ordine, che in barba al giuramento da loro fatto, non difendono i diritti dei propri cittadini.
Oltre che ad alcuni militari americani, dopo lo scontro, dentro l’area di costruzione delle antenne sono entrati anche alcuni tecnici, addetti alla costruzione del Muos. E’ stato così violato l’accordo siglato in prefettura sullo stop al transito di questi operai specializzati.Giorno 4 marzo 2013, al Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Catania, si è svolta una Conferenza No Muos. Il giorno prima ho avuto piacere di parlare con Antonio Mazzeo.
« Com’è nato questo interesse per la battaglia contro il Muos?»
R: « Intanto,è da più di 30 anni che lavoro sulle varie questioni di militarizzazione. Ho vissuto in prima persona l’esperienza di Comiso, e da lì un po’ tutte le attività che son succedute in Sicilia.
Sono anche laureato in Scienze Politiche, con una tesi di laurea sui processi di militarizzazione del territorio, per cui ho sempre scritto su queste vicende.
Sul Muos ho iniziato a scrivere nel 2005 quando, lavorando sulle relazioni del Congresso degli Stati Uniti e sui progetti militari che hanno, mi sono trovato di fronte contemporaneamente a due progetti: uno di installazione di Global Hawk a Sigonella, cioè gli aerei senza pilota e contemporaneamente, dall’altra parte, in quella fase l’espansione di questo Muos, sempre a Sigonella. Ho iniziato così a cercare vari documenti e ho capito di cosa si trattava e da quel momento in poi ho iniziato a lavorare su questa faccenda. Tre anni dopo ho scoperto che si era deciso di trasferire il Muos a Niscemi, perché a Sigonella c’erano tutte una serie di problemi rispetto la presenza di queste antenne, dal punto di vista di impatto elettromagnetico, sia sugli aerei che decollano e atterrano da Sigonella, contemporaneamente dalla preoccupazione degli americani che la potenza di questo fascio elettromagnetico potesse portare anche a problematiche rispetto la detonazione dei missili all’interno della base.»
« Come sei venuto a conoscenza di questo progetto di militarizzazione?»
R: « Gli Stati Uniti a differenza dell’Italia, paradossalmente, hanno un sistema di trasparenza sicuramente e nettamente superiore su qualsiasi tematica. Ogni anno il Congresso degli Stati Uniti d'America deve approvare tutti i progetti di finanziamento di tutte le installazioni militari esistenti, sia negli Stati Uniti che all’Estero. Per ottenere il finanziamento il Pentagono deve presentare delle schede al Congresso dove specifica che il finanziamento serve a portare avanti un determinato progetto. Se il Congresso lo ritiene opportuno, finanzia il progetto.
In questo modo ho scoperto che era stato richiesto un finanziamento per il Muos e contemporaneamente per acquistare 4 aerei senza pilota da installare alla base di Sigonella.»
« E dietro questo progetto c’è implicata anche la mafia?»
R: «Non dietro il progetto del Muos ma dietro alcune operazioni e alcuni lavori che sono stati eseguiti all’interno della base di Niscemi proprio per realizzare le piattaforme su cui dovrebbero essere installate, speriamo di no, le 3 antenne.
Nello specifico si tratta di questa situazione: alcuni giornalisti, me compreso, e attraverso un’interrogazione parlamentare, abbiamo scoperto e verificato che, tra le società che hanno avuto subappalti, c’è una società a cui, nel Settembre del 2011, la Prefettura di Caltanissetta aveva tolto il Certificato Antimafia perché la riteneva vicina al boss dominante di Niscemi. Per la legge italiana le società che ricevono progetti e permessi di subappalto devono essere iscritte all’Albo e fornite di Certificato Antimafia.
Nonostante le denunce, nonostante sia stato provato questo e nonostante la società abbia poi fatto appello al TAR chiedendo il Certificato Antimafia dichiarando che la Prefettura glielo avesse tolto in modo irregolare, nonostante la risposta del TAR che ha respinto la richiesta della società, i lavori sono stati eseguiti normalmente. Tra l’altro, sono proprio i lavori più devastanti all’interno della Riserva Naturale, visibili anche tramite dei video su internet, dove vi sono le immagini di quell’area, zona A della Riserva, dov’è assolutamente vietato, per legge, fare qualsiasi tipo di intervento. Questi lavori, a causa dei quali è stata tolta anche la macchia mediterranea, hanno spinto la Procura della Repubblica di Caltagirone ad aprire un’inchiesta e a ordinare un paio di mesi fa il sequestro dei cantieri proprio per le violazioni di tipo ambientale.»
«Il governatore della Regione Sicilia, Crocetta, ha revocato le autorizzazioni per l’installazione della antenne. I lavori stanno continuando lo stesso o no?»
R: «Da più di una decina di giorni i lavori sono fermi in quanto gli americani, unilateralmente, hanno deciso di sospendere i lavori a seguito di tutta una serie di manifestazioni, di blocchi di lavoro in particolare, ma soprattutto dopo che per due giorni e mezzo la base è stata completamente bloccata. Non soltanto i lavori, ma sono stati bloccati tutti gli ingressi impedendo anche ai militari statunitensi di entrare dalla base. Proprio di fronte a questo scontro e a queste manifestazioni pacifiche al massimo, e di fronte anche alla richiesta formale del Governo Crocetta, gli americani hanno ritenuto opportuno sospendere i lavori. Sino ad ora abbiamo la conferma e la verifica che i lavori sono sospesi, ma non è in conseguenza solo dell’atto di Crocetta, che diventerà esecutivo solo dopo 30 giorni dalla sua emanazione.»
« E quindi, questi lavori verranno bloccati definitivamente?»
R: «Assolutamente no. Gli americani hanno detto chiaramente che li sospendevano per facilitare il dialogo e intanto di riaprire un rapporto. Evidentemente gli americani, a mio modesto parere, nel momento in cui hanno visto che era insostenibile continuare a lavorare quando ormai avevi gli occhi puntati di fronte a tutti, in una situazione particolare di vuoto di potere e si attendeva l’elezione parlamentare, probabilmente aspettavano una risoluzione politica molto più semplice. Questo obbliga i movimenti a stare 24 ore su 24 costantemente al presidio, e i blocchi sono pronti a ripartire nel momento in cui ci si accorgesse che gli americani mentono e iniziassero di nuovo coi lavori.»
« La richiesta di Crocetta potrebbe essere modificata?»
R: «Crocetta lascia intendere da una parte che vuole essere totalmente rigido su questo, però noi avvertiamo una serie di segnali poco convincenti o comunque preoccupanti. Poco convincente è quello che viene ripetuto costantemente alla stampa, che il problema non è il Muos ma eventualmente la pericolosità di queste antenne. Il Movimento No Muos ritiene che al di là delle norme devastanti e l’impatto ambientale provato, il Muos è comunque uno strumento di guerra. E’ uno strumento di distruzione, tra l’altro di guerre ancora più abominevoli di quelle che abbiamo fatto nel passato, guerre sempre più automatizzate, con strumenti controllati dalla macchina, come gli aerei senza pilota.
Inoltre, è uno strumento ad uso esclusivo delle forze armate americane, che pone tutta una serie di problemi di extraterritorialità ed anche sovra internazionale. Paradossalmente, se il Muos venisse utilizzato per fare delle guerre che lo Stato italiano non vorrebbe sostenere, non abbiamo nessuno strumento formale e giuridico per questo tipo di intervento. Indipendentemente, crediamo che la questione ambientale e la questione elettromagnetica sono soltanto un ulteriore aggravante, perché è ancora una volta negare il diritto alla salute delle popolazioni. Al di là di questo c’è tutta la sopravvivenza della specie. O anche il diritto alla pace. Sono tutti diritti fondamentali che il Muos, indipendentemente dalla questione ambientale, viola.
E’ un’occasione questa per rimettere in discussione un modello di Sicilia che è stato idealizzato per diventare una piattaforma di guerra, dove sempre più spazi del territorio vengono sottratti all’uso civile e destinati ad uso di guerra. La battaglia di Sigonella come capitale mondiale degli aerei senza pilota, il Golfo di Augusta per l’attracco dei sottomarini, la possibilità che a Messina venga installato un grande cimitero delle navi Nato con impatto ambientale, gli aerei e i cacciabombardieri a Trapani Birgi e soprattutto il vincolo del traffico aereo civile, ovvero le enormi limitazioni che vengono fatte a causa del traffico aereo militare e soprattutto dei droni nello spazio aereo siciliano. E’ una situazione insostenibile, non può essere assolutamente questo il modello siciliano, anche perché, al di là dell’immoralità di pensare che la Sicilia sia una piattaforma di guerra, questo comporta tutta una serie di impossibilità di garantire alternative reali.
La militarizzazione, oltre a generare tutta una serie di fenomeni devastanti dal punto di vista sociale, economico, ambientale, eccetera, è un’enorme limitazione alle potenzialità di sviluppo economico, soprattutto in questo momento di crisi. Inoltre, non dimentichiamo che sono le guerre, insieme alle grandi opere, quelle che hanno scatenato un enorme indebitamento del nostro Paese, che oggi comporta progressivi tagli a tutta una serie di diritti che vengono limitati o cancellati in nome del dio della guerra o in nome del dio delle grandi opere.»
« Secondo te come mai c’è poca sensibilizzazione da parte dei media in tutti questi anni, e comunque sia neanche in questo ultimo periodo ne stanno parlando poi così tanto?»
R: «La potenza del complesso militare industriale finanziario del nostro Paese è enorme. Oggi chi controlla le grandi fabbriche di morte, chi controlla le società che realizzano le basi militari nel nostro Paese e le società che forniscono servizi alle forze armate, guarda caso sono gli stessi gruppi bancari, gli stessi gruppi finanziari, le stesse fonti di investimento che poi controllano i grandi media.
Come mai le università che dovrebbero, in quanto università siciliane, porre l’attenzione, la valutazione, l’informazione, sui problemi di guerra, non lo fanno? Ovviamente, se poi vediamo che nelle università c’erano finanziamenti e fondi di ricerca del Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti d’America, ossia il Pentagono, se le università fanno progetti con Finmeccanica, con le società del complesso militare industriale è chiaro che le università non hanno nessuna libertà, non hanno nessuna voglia di rimettere in discussione, di informare ma anzi ritenersi il fortino dove di questi argomenti non se ne deve parlare.
Ma non è un caso, per cui questo può spiegare che non è che c’è scarsa attenzione perché non si è capito la problematicità o il pericolo ma perché evidentemente bisogna non informare perché altrimenti si metterebbe in crisi un sistema di cui anche i media sono parte.»
Articolo pubblicato 7 Marzo 2013 sul Liveunict --> QUI