Alla Feltrinelli di Catania il 3 Aprile 2012 si respira un’aria quasi fiabesca, rivivendo un’atmosfera di altri tempi grazie agli strumenti della tradizione popolare e alle storie cantate dai Lautari. Il gruppo catanese di grande successo presenta il nuovo album “C’era cu c’era”. Insieme da ormai 25 anni, e collaborando da più di 5 anni con la cantante Carmen Consoli, che li produce, riescono a far sognare grandi e piccini con un sound travolgente ed emozionante, facendo rivivere ciò che solo la musica popolare siciliana sa dare. Alla fine della presentazione, riesco a scambiar due chiacchiere con loro.
«C’era cu c’era, perché questo titolo al nuovo album?»
R: «C’era cu c’era è il titolo di una canzone popolare che racconta tante storie in forma di favola, poi abbiamo visto che tutto il disco era così, raccontava delle storie anche attuali, però raccontate sotto forma di favola come si fa nella tradizione popolare.»
«Come mai avete scelto di portare avanti la tradizione della musica popolare siciliana? »
R: «I Lautari ci sono da ormai 25 anni, quando abbiamo cominciato noi era un periodo in cui c’erano gli anni ’80, cominciava la musica elettronica, la disco dance, però c’erano stati in passato dei gruppi molto importanti, soprattutto al Sud, in Sicilia c’era stata la Taberna Mylaensis e uno dei componenti era stato Picchio Manzone, uno dei fondatori dei Lautari, poi scomparso. Noi ai tempi eravamo in controtendenza, volevamo prima di tutto non disperdere un patrimonio culturale, artistico, musicale e quindi volevamo dare il nostro appoggio.»
«Avete collaborato anche con la cantante catanese Carmen Consoli, che vi produce. Com’è questa esperienza? »
R: «Eccezionale, sicuramente. Noi ormai è più di 5 anni che siamo prodotti dalla Narciso Records, che è l’etichetta di Carmen. Questo è il terzo disco che facciamo con lei. Poi abbiamo suonato, prodotto uno spettacolo insieme. Una collaborazione proficua, lei è una persona eccezionale, molto interessata alle tradizioni, alle sonorità siciliane, alla Sicilia, a Catania. Ci troviamo benissimo e continuiamo a collaborare. »
«Com’è il vostro rapporto col pubblico, soprattutto quello non siciliano?»
R: «Allora, da 25 anni a questa parte in qualsiasi luogo siamo stati, abbiamo sempre avuto un rapporto eccezionale col pubblico. Devo dire che siamo una band molto “live”, rendiamo di più dal vivo. A parte il fatto che noi cantiamo prevalentemente canzoni in siciliano, quindi in dialetto siciliano e non c’è mai stato problema, e per questo in Italia, ma soprattutto fuori Italia, noi siamo stati in Israele, in Portogallo, in Spagna, in Francia e non abbiamo mai avuto nessun problema e questo ci dimostra che la musica popolare ha qualcosa che arriva direttamente al cuore della gente, non è necessario che sia comprensibile il testo. Alla radio sentiamo sempre canzoni in inglese e non tutti le capiscono, quindi diciamo che la musica è universale. »
«I giovani di oggi, rispetto a quando eravate ventenni voi, come li vedete? »
R: «Eh, questo è un discorso lungo. I tempi sono molto cambiati. Adesso c’è la tecnologia, noi ai tempi non avevamo il cellulare. E’ giusto che i giovani si adeguino ai tempi, alla velocità con la quale cambiano, al fatto di avere miliardi di informazioni contemporaneamente, cose che noi ai nostri tempi non avevamo. Certo, piacerebbe anche a noi, che diciamo siamo anziani, siamo antichi, che i giovani si prendessero il loro tempo per fare qualcosa, per godersi una canzone,per godersi un pranzo, per godersi la vita senza essere connessi sempre a tutte le situazioni che succedono. »
«Parlando con Eugenio Bennato qualche mese fa, abbiamo affrontato l’argomento riguardo come la musica popolare può avvicinare i giovani alla realtà del nostro Paese, senza ascoltare solo quella raccontata dalle televisioni. Voi cosa ne pensate? »
R: «Siamo d’accordo. Guarda, la televisione infondo è un mezzo che fa bene a tutti ma che fa anche tanto male. »
«Credete che con la musica si può cambiare qualcosa in questa società, magari partendo proprio dalle radici di ognuno di noi? »
R: «Beh, noi se non ci credessimo non avremmo fatto tutta questa “malavita”, perché il suonatore è quella che fa malavita, perché portare gli strumenti, viaggiare, fare gli spettacoli. Si, ci crediamo, certo non è una cosa facilissima ma cerchiamo di mettere anche noi la nostra parte. »
D: «Avete preso ispirazione da qualcuno quando avete iniziato a suonare insieme? »
«Ai tempi c’era la Taberna Mylaensis, e tutti quelli che facevano musica popolare. All’inizio facevamo una musica assolutamente filologica, cioè facevamo ricerca sul campo, cantavamo le canzoni antiche e le arrangiavamo molto schematicamente. Poi pian piano, il sound è cambiato in questi anni e abbiamo cominciato a proporre pezzi nostri che però si attendono a dei canoni ben precisi che sono tipici delle musiche siciliane.»
«Cosa ne pensate della situazione generale che sta passando la Sicilia in questi anni rispetto al resto dell’Italia? »
R: «Eh, la situazione è sempre quella. Siamo sempre trovati, dimenticati. Domanda troppo difficile! »
Articolo pubblicato il 5 Aprile 2012 su Liveunict.
Articolo pubblicato il 5 Aprile 2012 su Liveunict.
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