Atmosfera
da "domestic rock ‘n roll” il 3 Maggio 2012 alla Feltrinelli di Catania. La cantautrice
Samuela Schilirò ha presentato il suo album Non sono. Musica grintosa, parole taglienti e profonde
e una voce graffiante e avvolgente. E la sua bravura si nota anche dalla
meravigliosa rivisitazione di una canzone della Vanoni, Domani è un altro
giorno.
Prima della presentazione, Samuela si siede con me al tavolo del bar per rispondere ad alcune domande. Lei, siciliana di origine, risponde a tutto mostrando di essere solare, ironica e speranzosa riguardo la musica e la sua evoluzione nel tempo, non nascondendo una vena di nostalgia per gli anni d’oro in cui la musica aveva un peso morale di fondamentale importanza.
Prima della presentazione, Samuela si siede con me al tavolo del bar per rispondere ad alcune domande. Lei, siciliana di origine, risponde a tutto mostrando di essere solare, ironica e speranzosa riguardo la musica e la sua evoluzione nel tempo, non nascondendo una vena di nostalgia per gli anni d’oro in cui la musica aveva un peso morale di fondamentale importanza.
«Da dove nasce l’idea del disco?»
R:
«Inizialmente io non volevo fare un disco, è stata una cosa molto strana, io
volevo suonare perché la mia passione è sempre stata quella di suonare dal
vivo, eccetera. Poi ho incontrato nel
2009, se non sbaglio, Daniele Grasso, il
produttore del disco che è anche la persona che suona con me dal vivo al basso,
e ho sentito un po’ i suoi lavori, le produzioni che ha fatto lui. Sai, agli
inizi facevo le demo, le registrazioni in casa però non mi soddisfava niente di
quello che ne veniva fuori. Alla fine ho incontrato lui, ci siamo seduti a
tavolino, e a lui è piaciuta gran parte della mia scrittura. Abbiamo così
iniziato a lavorare a questo suono un po’ particolare, e ho detto “E’ lui! Ok,
io con lui il disco lo faccio!”, e da lì è nata l’idea del disco. Io scrivo da
piccolissima però, ti ripeto, la mia pulsione è più live. Invece, incontrando
lui, lo studia ha avuto anche un’atmosfera live, non c’è stata una certa
rigidità durante le riprese in studio, è stato divertente!»
«Com’è
iniziata questa passione?»
R: «Eh,
questa è una bella domanda! Non so come inizino le passioni, però credo che
bisogna averle dentro fin da piccolissimi. Io da piccola adoravo qualunque
strumento, pentola, chitarra giocattolo. Ho martellato i miei genitori , la mia
famiglia fin da piccolissima, li costringevo a stare lì ad assistere ai miei
spettacoli, le robe che si fanno da piccoli! Poi a 11 anni ho deciso di farlo
seriamente, quindi di studiare, infatti son partita da studi classici per poi
andare a tutt’altro, e siamo arrivati a questo famoso domestic rock ‘n roll. Ho
fatto 3 anni di chitarra classica, dove c’è lo studio, il metodo eccetera, e
poi mi sono stufata perché volevo fare le canzoncine, però, ahimè, un po’ me ne
pento però di studiare c’è sempre tempo. Però sono convinta e contenta del
risultato che c’è adesso.»
«Ti sei ispirata a qualcuno?»
R: «No,
ispirata a qualcuno no, però ascolto tanta di quella musica, tantissima, che
sicuramente da quando ero piccolo fino adesso è stata importante per me. Io
ascolto sia musica dei miei nonni, come mi ha detto una volta una persona che
mi ha fatto ridere, quindi Janis Joplin, Bessie Smith, Billie Holiday, Hendrix,
eccetera, a cose più recenti Pj Harvey, Black Keys, che io adoro alla follia,
ma anche assolutamente il cantautorato italiano, per cui Tenco, De Andrè,
Ciampi, oppure, ad esempio, nel mondo femminile contemporaneo mi piace
moltissimo Nada, oppure di straniero sto scoprendo St.Vincent , è un talento straordinario, il terzo disco è poco
conosciuto in Italia, è un talento portentoso. Insomma, di musica ne divoro
davvero tanta!»
« Facendo un paragone fra la musica d’autore
degli anni ’60 e poi il progressivo cambiamento della musica negli anni
successivi, che considerazioni fai?»

« Pensi che la musica possa in qualche modo cambiare
l’opinione della gente e farla interessare, come negli anni ’60, a quello che
accade nella realtà?»
R: « Io ci
credo, assolutamente si, è difficilissimo in questo periodo storico, perché
purtroppo viviamo in un periodo di apatia globale, culturale, di appiattimento.
Per me l’arte è uno strumento per liberarsi da questa apatia, e soprattutto per
combattere l’ignoranza, perché quando combatti l’ignoranza, e quindi fai capire
che c’è qualcos’altro rispetto a quello che si vede tutti i giorni che alle
volte ti confonde, non sai cos’è reale, cosa non lo è, sei già uno step avanti,
riesci ad aprire una porticina piccola in questo mondo che sta cadendo. Ed io
sono fiduciosa, non sono pessimista, io credo che ci rialzeremo e che la musica
è un’arma forte, come tutta l’arte, quando hai qualcosa da dire e dei messaggi
da lanciare.»
« Però è difficile, perché ora va molto la
musica commerciale, questi ragazzini usciti da Amici, X Factor …»
«Sì, però
lasciano il tempo che trovano, nel senso che come ci siamo accorti tutti anche
se nascono degli pseudo talenti, quindi che fanno vendere un sacco di
dischi, durano quel che durano, cioè
durano un anno, hanno un anno di gloria, per chi è più fortunato dura un po’ ma
poi ha una caduta incredibile. Questa per me è paracultura, non cultura, ma non
perché io voglia criticare certi format, poiché non mi interessano, non mi
appartengono, ma perché lasciano il tempo che trovano. Scopri un talento che fa
il singolo estivo e spacca in radio tutta l’estate, vende un sacco di copie, e
poi l’anno dopo non te lo propongono più, purtroppo questo è un paese che fa
così, è un paese che va avanti così. Io credo, invece, in progetti che possono
fare dei percorsi duraturi, che magari al primo disco non fanno grandi numeri,
ma poi c’è il secondo, il terzo e il quarto, si creano uno zoccolo duro,
coinvolgendo in qualche modo il pubblico che evidentemente si trova in qualche
modo d’accordo con quel messaggio che viene trasmesso. Io credo che quelli
siano vincenti.»
« Secondo te le radio aiutano in questa cosa?»
« Le
radio, porca miseria, dovrebbero aiutare di più! Le radio dovrebbero aiutare
tantissimo questo tipo di musica. Le radio commerciali non lo fanno, quindi
Radio DeeJay, Rtl e tutte queste radio qui hanno fasce di ottima
programmazione, devono mandare determinata musica che io condivido, per me
dev’esserci sia l’uno che l’altro, però dovrebbero aiutare di più le produzioni
emergenti, i dischi emergenti. Tutti coloro che non hanno delle major pazzesche
alle spalle, o una promozione da 100.000 euro. Le radio locali questo lavoro ho
notato che lo fanno molto di più, ho fatto parecchie interviste e sono
interessate a fare emergere, questo mi fa molto piacere! A volte anche le radio
locali cadono nel famoso music bisness, purtroppo, però forse lo devono fare
perché ci sono dei meccanismi che sono difficili da smontare, però piano piano
si possono, secondo me, oleare e quindi sciogliere poco a poco.»
« Un’ultima domanda: che consiglio daresti a
dei ragazzi che vogliono iniziare a fare musica, però non commerciale?»
« Sono dei
pazzi! Lo dico sempre perché per fare musica devi amare tanto quello che fai e
rischiare tutto, perché all’inizio è veramente difficile. Hai delle tue piccole
soddisfazioni, ma economicamente è una tragedia, logisticamente è una tragedia,
magari molte volte dei musicisti non fanno solo questo nella vita, perché non
si possono mantenere e quindi devi giostrarti fra più lavori. Però, se
veramente lo vuoi, se hai qualcosa da dire, assolutamente sì, ci riesci!
Bisogna farlo, non c’è rischio che tenga!»
Articolo pubblicato il 05 Maggio 2012 su Liveunict.