Dal “Più si è passivi, meno si pensa” alla “Catania, città  ca pasta chi brocculi affugati”, quattro chiacchiere al tavolo con Leo Gullotta,  ospite alla Feltrinelli di Catania il 13 Febbraio 2012, per presentare  lo spettacolo che sta portando in tutti i teatri italiani, “Le allegre  comare di Windsor” opera di William Shakespeare.
L’attore catanese, con la sua solita ironia e simpatia, ci parla  dell’opera facendo notare i vari aspetti in comune con l’attuale  situazione italiana. Dopo una serie di domande dal pubblico, per la  maggior parte gente che si ricordava di lui da giovane, Leo si siede al  tavolo insieme a noi, rispondendo ad alcune domande.

«Com’è l’esperienza di recitare in un opera “brillante” di William Shakespeare nei teatri italiani?»
  R: «Com’è per chi fa il proprio lavoro. Brillante o non brillante  l’importante è offrirlo al meglio, o almeno fai di tutto per avere un  buon risultato col pubblico. Del lavoro quello che conta è il come lo  fai, come lo offri, come lo scegli. Come scegli di essere onesto con lo  spettacolo agli spettatori.»
 
 «Com’è tornare nei teatri siciliani con la consapevolezza di esser visto con occhi diversi dai propri conterranei?»
 
 R: «Ritorno qua perché c’è un teatro che va preso. Certo, c’è anche la  stima, ma nella vita vale tutto quello che si è riuscito a dare dal  punto di vista di onestà. Mi ritrovo che magari c’è una stima alla  persona, l’interprete, alla persona che si è sempre offerta, non ha mai  preso in giro il pubblico. A Catania poi ritorni e ovviamente,  tralasciando il lavoro che continui a fare in tutta l’Italia, ci sono i  “broccoli affugati”, la parmigiana, la pasta col sugo e le melanzane. »
 
 «Preferisce recitare in dialetto oppure in italiano?»
 
 R: «E’ come dire ad un medico “Preferisce curare un raffreddore oppure  fare un’operazione al cuore?”. Tutte e due le cose vanno fatte nella mia  professione. Il giuramento di Ippocrate dei medici è quello di essere  pronto a curare e ad essere utile a chi sta male, il mio compito è  quello di cercare di essere il più vicino a quello che il testo richiede  nell’interpretazione di quel personaggio. »
 
 «Si è ispirato durante la sua carriera a qualche attore? »
 
 R: «No. Apprezzo tanti interpreti, ma non mi ispiro a nessuno. »
 
 «Ha parlato durante la presentazione del Governo che non aiuta i  giovani, ad esempio con i tagli alle università. Cosa consiglia di fare  ai giovani per non perdere i propri sogni e il proprio futuro a causa  di chi crede di essere più “forte”? »
 
 R: «Intanto c’è da dire che l’ex Governo non ha mai fatto nulla se non  affari personali. Se avesse fatto una cosa di quella che in due mesi ha  fatto il Governo tecnico di Monti, qualcuna discutibile, non avremmo  avuto nulla di tutto quello che stiamo attraversando. Sono stati dei  cialtroni, per essere con un linguaggio elegante. Riguardo ai giovani,  oggi come oggi tutte le categorie, giovane o non giovane, ci hanno fatto  arrivare fino a questo punto dicendoci che tutto era apposto, non hanno  mai fatto nulla, le cose sono quelle che sono e dobbiamo affidarci  all’idraulico, visto che “rumperu u tubu”, l’idraulico sa fare  l’idraulico e dobbiamo fare sacrifici tutti. Questa è la realtà del  Paese, tutti dobbiamo fare sacrifici, tutti insieme stringendo i denti,  cercando di  adoperarci. Sicuramente l’avvento di questi due ultimi mesi  anziché corna, bunga bunga, toccate di culo e quant’altro,  l’istituzione, grazie al Governo Monti che si è presentato con garbo, si  è riappropriata dell’eleganza, della parola, dell’istruzione, della  Costituzione, e questo è importante.»
 
 «Lei ha parlato di cultura per i giovani anche. Cos’è per lei la cultura? »
 
 R: «La cultura è vivere, l’arancino e anche il piatto nobile. La  cultura è leggere Topolino. La cultura è guardare, vedere, arricchirsi. »
«Ci sono molti giovani che però non fanno nulla per difendere il proprio diritto alla cultura, che ne pensa? »
 
 R: «Ho parlato anche prima di un paese antropologizzato, che è molto  grave poiché il danno è antropologico. Quindi le ultime generazioni sono  state annullate, annientate, schiaffeggiati scolasticamente e a livello  universitario. Hanno tolto delle cose importanti e quindi prima che si  ricostruisca il valore di tante cose, occorreranno parecchi e parecchi  anni, ammesso che tutto vada per il meglio.
 
 I giovani si devono incazzare, se non si incazzano non succede niente.  Bisogna cercare di capire, andare oltre, c’è la rete, bisogna guardare  le notizie, leggere, partecipare, cercare di prendere coscienza di molte  cose. Significa rispettare se stessi.
 
 Studiare significa anche capire i diritti dell’uomo, dell’individuo,  della persona, del lavoratore. Un Paese democratico è fatto di diritti.  Se poi i giovani fanno finta, con frasi anche scolastiche come “Io devo  studiare soltanto, non perdete tempo con altro”, la verità è che non  “studiano”. »
 
 «Perché in Italia non c’è un avanzamento culturale come invece accade in molti Paesi europei? »
 
 R: «Perché la politica si è infilata dappertutto. Vuole soltanto  prendere denaro, trovare scuse, non ha costruito, non vuole costruire.  Parlo sempre degli ultimi 15 anni, il cavaliere, le corna. Ovviamente anche gli studenti devono muoversi, non esiste solo la stanza con internet e cliccare.»
Articolo pubblicato il 15 Febbraio 2012 su Liveunict.
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