«Le canzoni dei Ramones sono troppo belle per non essere più suonate!». Ed è così che tra un sorriso e un sorso di caffè, Marky Ramone racconta di sé e del proprio gruppo. Sono le sette di un sabato sera che si preannuncia indimenticabile. Non capita mica tutti i giorni di ritrovarsi a parlare con un batterista che ha fatto la storia del punk. Il Faro - locale di riferimento per gli “alternativi” di Catania -per l’occasione è in versione stelle e strisce.
Incontriamo Marky in una stanza illuminata da alcuni riflettori così “abbaglianti” da fargli esclamare: «Where are my glasses?!».
L’emozione tra noi giornalisti è tanta. Ci scambiamo degli sguardi per decidere chi deve fare la prima domanda. Il presentimento è che se non ci decidiamo entro pochi secondi, Marky si alzerà dicendo “Hey, oh … Let’s go!”. E così cominciamo noi, chiedendogli che effetto fa portare avanti il nome della band. Marky sorseggia un altro po’ il suo caffè. Sorride e risponde che sarebbe un peccato non poter più riascoltare canzoni come “Blitzkrieg Bop”, “Do You Wanna Dance”e “I Wanna Be Sedated”.
« Io non sono i Ramones,» continua Marky «sono una parte di loro.» e dicendo così nomina gruppi come Queen e Misfits che continuano a farsi chiamare col nome della band nonostante manchi qualcuno ormai.
Il discorso cade poi sul periodo che va dal 1983 al 1987, quando fu cacciato dal gruppo per problemi legati all’alcool. Marky ricorda bene quel periodo, 4 anni che gli son stati utili per riflettere. Batteria o alcool? Scelta che gli costò diversi sacrifici, ma che ebbe esito positivo. E’ qui che vediamo il lato più sensibile di Marky. La tristezza che avvertiamo nelle sue parole è legata al fatto che due dei suoi “compagni di viaggio”, Dee Dee e Joey, non sono riusciti a compiere la loro scelta: separarsi dalla droga.
E sorge spontanea la domanda su cosa lo spinge ad andare avanti senza la sua vera band. Non vi è alcuna esitazione nelle parole di Marky: «Mi piacciono i live! Finchè il fisico regge, voglio continuare a suonare insieme ai fan. Ora più che mai la gente vuole musica dal vivo. I samples hanno stancato da troppo tempo».
E anche questa domanda si tinge di una sfumatura malinconica rivolta a John e Joey. Loro avevano smesso la carriera musicale proprio perché il fisico non glielo permetteva più.
Ormai, siamo a nostro agio. Parlare con lui è piacevole, non è la classica star che “se la tira”. Ci spiega che la musica ha bisogno di passione. «La musica va fatta prima di tutto con il cuore, e non per i soldi. Il punk sta facendo il suo ritorno sulle scene perché da sempre è stato uno dei pochi generi musicali in grado di lanciare “grida di protesta e libertà”». Domandiamo allora quali band secondo lui sono state influenzate dai Ramones. Marky cita i The Clash, i Rancid, Sid Vicious dei Sex Pistols e I Green Day. E questa cosa lo lascia contento.
Ma quali sono state le influenze su Marky Ramone? Ringo Star. E così il nostro caro batterista ci racconta di un suo ricordo da bambino, quando la madre gli ha fatto vedere in tv il batterista dei Beatles. E’ da allora che iniziò tutto. I suoi gusti musicali però non si fermano solo al rock. «Non ascolto solo musica in 4/4, ma anche jazz». Ma un buon batterista non si giudica certo solo da quello che dice. Dopo questa “chiacchierata” con Marky ci “accomodiamo” tra il pubblico pronti per sentirlo suonare. E’ quasi mezzanotte ormai: Marky fa un ingresso da vera rockstar. Insieme ad Andrea Rock, il famoso speaker di Virgin Radio, Rocco ‘n Rollo e Stefano Russo “Andead”, comincia finalmente il live. Sotto il palco, è subito putiferio. E’ proprio vero: Punk Is Not Dead.
Articolo pubblicato il 20 Dicembre 2011 su Liveunict.
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